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lunedì, Aprile 7, 2025

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Bastoni: “Ho fatto tanti sacrifici, andare via dall’Atalanta mi ha salvato. E su Inzaghi…”

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Ospite di Supernova, programma del conduttore Alessandro Cattelan, di fede interista, Alessandro Bastoni si è a lungo raccontato ai microfoni, offrendo un’ampia panoramica della sua carriera e non solo. Intervista che ha permesso di conoscere più da vicino il difensore nerazzurro e anche l’ambiente Inter.

L’intervista

In prima battuta Bastoni ha parlato del duro lavoro che lo ha portato ad intraprendere la carriera da calciatore, mostrando i sacrifici passati e quelli attuali che il ruolo comporta: “Ci sono state persone al posto giusto nel momento giusto. Davanti a tutto metto i sacrifici che ho fatto e il lavoro che ho fatto per arrivare a questi livelli. Se leggi i commenti il sacrificio è solo l’operaio, ma quello che dico io, non essendo all’interno di questo mondo, fai fatica a capire quello che è un sacrificio per un calciatore. il tempo è una cosa che nessuno ti può ridare indietro, noi giochiamo talmente tanto che siamo via dalla famiglia ed è questa la cosa che pesa un po’ di più. Normale che il discorso va sempre sui soldi che si guadagnano, ma è una cosa sbagliatissima perché il tempo è una cosa impagabile. Ritiri? Ne facciamo uno a settimana, dormo a casa 2-3 notti a settimana, il tempo è veramente ristretto”.

Impossibile, nel dialogo tra due interisti, non parlare del dolce ricordo del 2010, divenuto poi pretesto per riportare il focus sull’Inter attuale e sulle dinamiche all’interno dello spogliatoio: “La finale del 2010? Avevo 11 anni, la stavo guardando perché mio papà mi ha trasmesso la passione per l’Inter. Ho una foto sua dove stava guardando quella finale. Rapporto con la squadra del cuore? Io ho fatto 11 anni di Atalanta e nei vari tornei affrontavo sempre l’Inter e non mi stava tanto simpatica a un certo punto, chiaramente pensavo ai miei di interessi. Quando sei grande, quando conta veramente, rappresentare i colori che ami è il massimo a cui uno può ambire. Prima volta a San Siro? Mio fratello è romanista, sono andato a vedere Inter-Roma. Chi parla di più nello spogliatoio? Lautaro parla tanto, Bare ogni tanto parla, però non abbiamo quella cultura che uno parla e tutti ascoltano: ognuno dice la propria quando lo ritiene opportuno, non c’è il nonnismo che c’era una volta. Io all’Atalanta ho avuto i vari Masiello e Zukanovic. Mi è successo di fare un tunnel in allenamento e sono dovuto andare via. Per me non è così: se mi fai un tunnel, bravo. Non devo spaccarti la gamba perché mi hai fatto un tunnel. Prima funzionava così, adesso c’è un po’ più di cultura rispetto a prima. Ora è più facile arrivare in prima squadra, arrivare in nazionale, sono cambiate completamente le dinamiche”. 

La sua ancor breve carriera è stata poi ripercorsa tramite le figure degli allenatori che ha incontrato sul suo cammino, enfatizzando su come, spesso, cambiare aria può essere la chiave del successo: “Lo scopritore? Chi mi ha fatto esordire è stato Gasperini, dopo l’esordio buttato nel dimenticatoio. Finché stai nella società in cui hai fatto il settore giovanile ti vedono sempre come un ragazzino. Andare via dall’Atalanta in quel momento è stata la mia salvezza, così come fare tutto il settore giovanile nell’Atalanta è stata la mia vita perché mi ha fatto crescere veramente tanto. Andare via nel momento in cui c’è da fare il grande salto, ti salva. Al Parma ho trovato un allenatore che mi ha dato fiducia: D’Aversa. Il vero Pippo Baudo è sicuramente Conte. Ho fatto le guerre per andare via, c’erano Skriniar, Godin de Vrij, dicevo: “Ma quando gioco?”. Lui mi dice: “Resta”. Poi da quando ho iniziato non sono più uscito”. 

Focus poi su Inzaghi, molto più di un semplice mister: “Inzaghi? È come se fosse il ventiseiesimo giocatore. Come carattere, com’è inserito all’interno del gruppo, è uno di noi a tutti gli effetti. È stato calciatore e capisce tanto le dinamiche dello spogliatoio. Nelle partitelle? No, non gioca perché non ce la fa. Solitamente l’undici che va in campo fa l’Inter e gli altri che non giocano fanno la squadra avversaria copiando il modulo. La tattica la fai in allenamento. Facciamo tante sedute video analizzando quello che facciamo noi e che fanno gli altri”. 

Amici nel calcio, social tossici e finale di Champions: “Amici nel calcio? I principali sono Bare, Dimarco e Darmian. Barella ha una energia e una batteria che non si scarica mai, anche fuori dal campo è uguale. Sbraccia? Non riesce a stare fermo, è più un problema per gli altri che per noi. Io ho un po’ la cultura che c’è nell’NBA, non puoi vincere tutte le partite. Insulti? Non puoi insultarmi la famiglia, augurarmi la morte solo perché ho sbagliato un passaggio o un gol. I social hanno portato questa cosa che è malsana. La finale persa? Preferivo vincerla, però giocare una competizione così e affrontare il City in quella maniera, ci ha fatto capire che puoi stare a quel livello“.

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