Di Flavio Verzola.Â
Una settimana che ti cambia il mondo. Ti cambiano le prospettive, e passi dall’euforia e dalle speranze alla rassegnazione, nella consapevolezza che, comunque, sarebbe potuto succedere. Anzi, se non fosse successo, avrebbe avuto del clamoroso. Moratti pensa che parlare di triplete porti una sfiga pazzesca, anche se forse ne hanno parlato tutti, tranne i diretti interessati, con l’unico imperativo categorico del gufaggio. La realtà è che sapevamo benissimo che sarebbe stato qualcosa di quasi impossibile, o quanto meno assai improbabile.
In tempi non sospetti, temevo questo maledetto derby, al punto da preferire l’eliminazione con la Lazio nel turno precedente. Ci saremmo evitati magari qualche infortunio in meno e almeno il fegato salvato! Invece, l’asticella della benzina, già da qualche settimana, era sul rosso. E come un autista sbadato che si fida troppo della riserva, ci siamo ritrovati a piedi!
L’Inter è una supercar, una di quelle fuoriserie che ti fanno innamorare al primo sguardo. Ma anche la belva più veloce, senza carburante, guarda la pandina prima nello specchietto… e poi tristemente davanti. Vi risparmio tutti i luoghi comuni strabusati in questi casi, tra leoni, cani, e chi troppo vuole.
Di sicuro un pensierino, per quanto ardito, ce lo avevamo fatto. Non tanto al triplete, quanto a quello che a noi tifosi interessa di più: lo scudetto. La Champions rimane un sogno troppo complicato, anche se ancora teoricamente possibile, mentre lo scudo era un porto sicuro, una spiaggia dove spaparanzarsi al sole estivo e godersi una superiorità nazionale.
Ora la matematica non ci condanna, ma con la sconfitta in casa contro un’ottima Roma, francamente la vedo molto complicata. A questo punto potremmo anche aggrapparci al ricorso storico del 2010, anno santo e del vulcano islandese, in un ardito parallelismo con il blackout ispanico. Magari troviamo un benzinaio aperto che ci fa il pieno: sognare è ancora gratis, e l’Inter, per DNA, è tutta cuore e poca testa.
Un’impresa oltre ogni limite
Tuttavia, guardando la nostra prestazione con la Roma e la loro vittoria nella Coppa del Re contro il Real, almeno sulla carta, non ci sarebbe storia. Ma il calcio ci riserva sorprese inimmaginabili e l’Inter è da sempre un esempio in questo. Detto questo, concedetemi una personale analisi della situazione.
Essere arrivati a questo punto della stagione, cioè assoluti protagonisti in tutte le competizioni a metà aprile, ha veramente del miracoloso. Valutando la rosa della squadra, il numero degli infortuni subiti, e le partite sostenute in più rispetto agli avversari, non possiamo che essere orgogliosi e riconoscenti a questi ragazzi, che hanno dato tutto quello che avevano e anche di più.
L’assenza di Tikus nella settimana decisiva è stata devastante. In attacco la coperta sembra più una sciarpina estiva mentre attraversi la Groenlandia. Lauti è immenso, nella sua continua abnegazione alla causa, ma anche lui è umano. Come lui, Bare, Basto, Michele, Chala, Darmian e Dimarco: tutti spremuti fino all’ultima goccia. Senza dimenticare gli altri, ognuno ha fatto quello che ha potuto fare.
L’applauso dello stadio depresso, domenica scorsa, è stato sintomatico: il popolo ha capito lo sforzo di questi ragazzi, che meritano tutto il nostro rispetto. Poi ci sono gli intertristi e i leoni da tastiera, che dal loro comodo divano sparano sentenze senza senso. Ma non li considero nemmeno.
Il Demone ha fatto veramente di necessità virtù. Forse avrebbe dovuto alzare la voce con i piani alti, forse avrebbe dovuto fare delle scelte diverse… forse. Per quanto mi riguarda, anche Simone ha fatto il suo dovere, e anche di più.
Contro tutto e tutti
Dunque, ora ripartiamo da ciò che troppo spesso passa nel dimenticatoio. Il clima assurdamente ostile di tutto il mondo calcio è opprimente e inaccettabile. Non solo abbiamo subito torti arbitrali incomprensibili, come l’ultimo rigore solare su Bisteccone, ma anche una lunga serie di episodi che ci hanno fortemente penalizzato.
Vogliamo parlare del rigore sbagliato da Chala contro il Napoli? Oppure della partita con la Fiorentina sospesa e rimandata (seppur per motivi legittimi)? Senza dimenticare la sfida con la Roma, giocata di domenica prima di una trasferta europea decisiva per noi e per tutto il calcio italiano… anzi, forse solo per noi.
E ancora: il rigore nel derby, quello all’andata contro il Bologna, i diciotto metri per rimettere in campo la palla… tutte situazioni che sarebbero passate in sordina, se solo avessimo avuto una rosa realmente all’altezza di competere su tre fronti.
L’Inter dei tifosi e quella dei bilanci
Ed è qui, secondo me, il nodo centrale della questione. Ai signori americani della quercia non interessano i trofei, ma solo i profitti. A differenza di noi tifosi. Marotta ha fatto le nozze con i fichi secchi, e Inzaghi si è adeguato. Se guardiamo agli infortuni, alle situazioni societarie e agli acquisti degli ultimi anni — magari paragonandoli a quelli dei competitor — ci rendiamo conto che i risultati raggiunti sono quasi fantascienza.
Per gli americani, l’Inter è solo un modo alternativo per fare soldi. E in questo senso, comunque vada, la stagione sarà un clamoroso successo. Mi aspetto un rincaro sugli abbonamenti, e una finestra di rinnovo più breve, pensata per ridurre la quota abbonati e aumentare i biglietti in vendita libera. È l’ennesima dimostrazione di quanto i desideri dei tifosi e quelli della proprietà vadano in direzioni opposte.
Rinnovare l’abbonamento senza certezze sulla programmazione lo facciamo ormai da anni, ma non è detto che sia giusto. Caro Moratti, con tutti i tuoi errori e scelte discusse, hai sempre voluto il bene dell’Inter e ti sei sentito in dovere di rendere conto ai tifosi. Per questi faccendieri, invece, noi siamo solo vacche da mungere fino all’esaurimento.
E ora?
Speriamo che almeno dalla prossima stagione, anche grazie agli introiti clamorosi della Champions, ci sia finalmente un robusto rinnovamento qualitativo per questa squadra spremuta fino all’osso. Detto questo… aspettiamo domani.
Magari a Barcellona il blackout c’è ancora.
Marcia avanti.