L’Inter neo Campione d'Italia si appresta a concludere lo straordinario viaggio che l'ha vista primeggiare da inizio stagione, iniziando da una sfida carica di significati. Inter-Torino aprirà alle 12.30 la giornata domenicale di campionato in un'atmosfera di festa per il popolo nerazzurro, alla prima gara dopo aver trionfato nel derby ed essersi assicurati il titolo di Campione d'Italia. La sfida di San Siro riporta indietro l'orologio del calcio italiano a 75 anni fa, in un'epoca segnata da conflitti mondiali e squadre indimenticabili. Inter-Torino di domenica 28 aprile riporta alla mente l'ultima recita nel campionato italiano di una delle squadre più straordinarie del calcio del Bel Paese dove destino, memoria e fedeltà erano solo alcuni dei valori racchiusi assieme dall'indimenticato Grande Torino.

L'ultima recita

grande-torino-1949Arthur Schopenhauer soleva dire che “Il destino mescola le carte e noi giochiamo”, parole che racchiudono perfettamente la vita e la morte di Ernő Egri Erbstein, l'allenatore magiaro del Grande Torino che nell'annata 1948-1949 stava conducendo la più grande squadra italiana alla conquista di un nuovo scudetto, il quinto consecutivo di una storia gloriosa che un destino crudele avrebbe condotto al capolinea nel maggio dello stesso anno. Capace di intuizioni e scelte che hanno salvato la sua famiglia dalla Shoah e che lo hanno fatto passare alla storia tra gli immortali, il 30 aprile 1949 guida i suoi ragazzi sul terreno di San Siro davanti a 37.000 persone in festa sugli spalti pronte a incitare l'Inter padrona di casa nella gara più importante della stagione. Prima contro seconda, granata con due risultati su tre per blindare l'ennesima gioia tricolore ma con la defezione legata all'assenza di Valentino Mazzola, vittima di un'inaspettata influenza e con la necessità di reinventare la sua squadra, affidando ruoli cruciali a giocatori come Martelli, Shubert e il promettente Fadini.  Quella giornata che simboleggiò un passo importante per la conquista del quinto scudetto consecutivo per il Torino, con gli anni si trasformò in un dolore immenso, una ferita che il tempo non potrà mai lenire completamente.  Fin dalle prime battute della gara, l'Inter preme sull'acceleratore, ma la difesa granata disposta sul terreno di gioco con la sicurezza di chi sa di essere grande anche nel difendere, mette in campo una strategia cauta ma efficace, dimostrandosi impenetrabile. Momenti di pericolo si susseguono, come quando Menti sfiora il palo poco prima dell'intervallo, mantenendo alta la tensione sul terreno di gioco. La ripresa della partita segue lo stesso copione, con l'Inter che cerca disperatamente la via del gol e il Torino rispondente con rapide azioni di contropiede. In questa battaglia, spicca la performance leggendaria di Valerio Bacigalupo, portiere granata e unico della squadra a non avere il posto fisso in nazionale perché spettava a Sentimenti IV, estremo difensore della Juventus, che si erge a baluardo invalicabile, respingendo gli assalti di giocatori temibili come Amedeo Amadei e Benito "Veleno" Lorenzi. A pochi minuti dal termine, arriva l'occasione più ghiotta per il Torino, con Ossola lanciato verso la porta avversaria da un assist perfetto di Shubert. Ma un istante di indecisione, un dubbio fatale, impedisce a Ossola di capitalizzare l'opportunità e il gol che avrebbe sancito la vittoria sfuma. Il triplice fischio dell'arbitro decreta la fine della partita, sul punteggio di 0-0. Nonostante il pareggio, il vantaggio di quattro punti del Torino rimane saldo a quattro giornate dalla fine del campionato. Ma è proprio quel pareggio che si rivelerà essere il tragico lasciapassare per il destino che li attende. Una trasferta a Lisbona, una tragedia impensabile e un dolore che segnerà per sempre il calcio italiano. Così, quella che sembrava essere una giornata di festa per il Torino si trasforma in un preludio alla tragedia, lasciando un amaro retrogusto di rimpianto e dolore che accompagnerà il calcio italiano per generazioni.
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