Edin Dzeko ha trascorso anni bellissimi alla Roma prima di trasferirsi all'Inter dove ha messo in mostra tutte le sue doti prima che la società decidesse di non puntare più su di lui. Il bosniaco ha parlato a La Gazzetta dello Sport raccontando diversi retroscena sul suo addio.

Scelga un Roma-Inter. "Il primo dopo il passaggio all’Inter: vincemmo 3-0 e segnai un gol. Ma non è per quello che lo scelgo. Da fuori non si notava, ma dentro avevo una carica incredibile, sentivo il supporto dei tifosi di entrambe le squadre. Tornavo all'Olimpico, che considero il mio stadio: un'emozione mai provata prima".

Estate 2023, l’addio all’Inter. I dirigenti giustificarono la scelta con la possibile conferma di Lukaku, poi sfumata. "Se hanno deciso così, significa che erano d'accordo allenatore e dirigenti. Mi è sembrata una scelta strana, perché ero stato titolare in tutte le partite importanti, compresa la finale di Champions. Potevano tenermi a zero e avere quattro punte in rosa. È stato un po' incomprensibile, ecco. Col tempo però ho capito e rispettato la decisione, anche perché all’Inter mi hanno sempre trattato bene. Sono stati due anni importanti, anche se quella Champions...".

Ci ripensa mai? "Certo, è un grande rimpianto. Ogni tanto su Instagram mi appare l'azione del gol del City, e scrollo subito, non riesco a guardare. Vivendo quella partita da dentro, ho avuto la netta sensazione che avremmo potuto vincere. Ed è proprio questo che mi lascia amareggiato".

Tutti volevano Lukaku in campo in quel periodo, ma Inzaghi schierava puntualmente Dzeko. Come l’ha vissuta? "Mah, tutti possono dire la loro... Ma davvero pensate che un allenatore schieri un giocatore meno forte di chi va in panchina? E poi nella finale di Champions? Ero sereno, sapevo cosa potevo dare all’Inter. È chiaro che Lukaku sarà stato deluso di non partire titolare, ed è normale. Ma poi entri e fai la differenza, se ci riesci: anche lui ha avuto 30 minuti sullo 0-0, e poi...".

Ha sfiorato scudetto e Champions con l’Inter, mentre con la Roma non è riuscito a vincere trofei. Qual è la differenza tra vincere e non farcela? "Alla Roma ho sempre percepito che sarebbe stato più difficile vincere rispetto a quello che sentivo all’Inter. Per lo scudetto sfumato con l’Inter, è mancata un po’ di convinzione, quella che è arrivata dopo Istanbul. Quell'anno cercammo di competere su entrambi i fronti, Champions e campionato. Penso alla partita contro il Liverpool, che ci tolse molte energie per il mese successivo: se avessimo dato più attenzione alla Serie A, sarebbe andata diversamente. Magari avrei festeggiato anche io la seconda stella...".

Meglio la coppia Dzeko-Salah o Lautaro-Thuram? (ride) "Non posso dire che io sono più forte di qualcun altro, non sarebbe giusto... Con Salah c’era un grande feeling, credo di averlo aiutato a raggiungere certi livelli. La coppia Lautaro-Thuram? I migliori in Italia. E Thuram mi ha sorpreso tantissimo".

Cosa c’è di Edin in Lautaro? "Questo dovresti chiederlo a lui... Io e Lauti abbiamo un ottimo rapporto, ci sentiamo ancora oggi. Dopo il mio addio è diventato capocannoniere, magari gli ho lasciato un po’ di me. La verità è che i giocatori forti si capiscono subito in campo. E tra noi due è stato facilissimo intendersi".

Merita il Pallone d’Oro, come dice Messi? "Sì, assolutamente. È stato decisivo per lo scudetto e per la Coppa America, merita di essere tra i candidati".

Il maggior pregio di Inzaghi? "Ogni anno vince qualcosa... Sa coinvolgere tutti nel progetto, anche chi non è titolare. Non è facile, soprattutto in spogliatoi pieni di grandi campioni. Quasi tutti gli vogliono bene".

Chi vince la Serie A? "Spero l'Inter, sono ancora i migliori. Anche se quest’anno i miei ex compagni stanno concentrando più energie sulla Champions. Poi c’è il Napoli, che sembra già in 'modalità Conte': lui riesce sempre a portare tutti al massimo. Sì, ci siamo sfiorati diverse volte, peccato non aver mai lavorato con lui".

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