Andrea Colpani è un nome di grandissima attualità in casa Inter. Dopo uno straordinario inizio di stagione da 12 presenze in Serie A condite da 6 goal e un assist, tanti club hanno cominciato ad interessarsi al talentino del Monza. La società nerazzurra è sicuramente una delle più interessate al giocatore, soprattutto per l'estate. Il 24enne bresciano è stato intervistato ai microfoni di Sportweek, rivelando la squadra per cui faceva il tifo da bambino e raccontando i suoi esordi.

Tifo e il rapporto con Berlusconi

"Io tifoso del Milan? Da piccolo sì. Ringrazierò sempre il presidente Berlusconi. Quando parlo di lui, mi emoziono. È sempre stato gentile con me. Diceva che ero il suo preferito, forse per la faccia da bravo ragazzo, sicuramente per la tecnica. Salutava tutti con un ‘ciao’ e una stretta di mano. Solo me, mi chiamava per nome: ‘Ciao, Colpani’. Complimenti particolari? Niente di che: dopo una bella prestazione mi diceva soltanto di continuare come stavo facendo. Lui e il dottor Galliani mi hanno sempre dato fiducia. Lo avevo conosciuto nel 2005. Un mio zio ha una concessionaria di pubblicità che lavora con Milan e Inter, quindi ha sempre i biglietti per la partita. Quella volta portò a San Siro me e il mio migliore amico. Mi pare che si giocasse contro il Cagliari. Insomma, ci sediamo in uno Sky box, a fianco vediamo Berlusconi. Mio zio ci prende per mano e ci porta da lui: presidente, una foto coi bambini? Lui ci fa sedere sulle ginocchia, mio zio scatta".

Gli esordi all'Atalanta

"Ho sempre fatto fatica a giocare, fin da bambino. Ogni volta c’era gente fisicamente più pronta di me, piccolo e gracile. Mi viene in mente Bastoni, che era con me negli Allievi dell’Atalanta. Ho sempre avuto bisogno di fare la cosiddetta gavetta. Per esempio: dopo quello che in teoria sarebbe dovuto essere il mio ultimo anno in Primavera, sempre all’Atalanta, ho preferito farne un altro in più in quella categoria come fuoriquota, allenandomi allo stesso tempo 6 mesi coi grandi, piuttosto che passare in pianta stabile prima squadra. Questo, perché non mi sentivo pronto".
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