Marcus Thuram ha raccontato un po’ del suo passato ai microfoni del podcast della Federcalcio francese, il percorso che l’ha portato da Clairefontaine fino alla Nazionale maggiore.
Clairefontaine
Il centravanti dell’Inter ha parlato dell’importanza che ha avuto nella sua formazione Clairefontaine, un’accademia nazionale specializzata nell’allenamento di giovani e promettenti calciatori francesi:
“Clairefontaine ha significato molto nella mia carriera. Lì non ci si allena solamente, ma si va anche a scuola e ti danno insegnamenti di vita. Tutti i migliori talenti della Francia passavano da lì, era un sogno e un traguardo chiaro. La Nazionale per me è diventata un’ossessione da quando ogni mattina, sul cammino per andare a scuola, incrociavo i giocatori della prima squadra. Venivo da una scuola americana ed ero abituato ad orari diversi da quelli che si rispettano lì.
Ricordo che la prima volta che ho visitato il centro sportivo ho notato un importante innalzamento del livello rispetto a quello cui ero abitato: erano tutti fortissimi, dei mostri. In campo c’era un ragazzo maghrebino non tanto alto, che giocava da solo e faceva controlli incredibili senza guardare la palla: era Amine Harit. Poi ricordo che il primo giorno c’erano Allan Saint-Maximin, Christopher Nkunku, Florian Ayé e altri… Come abbiamo iniziato a conoscerci abbiamo capito che avremmo passato parecchio tempo insieme, saremmo diventati come una famiglia. Io ero responsabile del ‘buonumore’, poi i compagni sapevano che potevano parlare con me qualora avessero avuto dei problemi.
Quando ho lasciato Clairefontaine c’era un grande evento con le famiglie. Si respirava un clima un po’ strano, perché non avevamo l’impressione di andare via. I giocatori non volevano mostrare troppi sentimenti, sapevamo che sarebbe stata la fine, ma non volevamo far trasparire troppa tristezza all’esterno. Dopo due anni passati insieme in campo e fuori, si creano amicizie per la vita. Ogni giocatore che incontro ha le stesse sensazioni. È un’esperienza che ti forma nella vita, è stato lì che ho capito di amare il calcio. Fare questo tipo di lavoro ogni giorno è impossibile se non ami questo sport”
Il rapporto con Thierry Henry
“Thierry Henry è un punto di riferimento, per come giocava, ma anche per il suo comportamento in generale. Lui è l’esempio di quello che Clairefontaine cerca di creare, per me è il testimonial perfetto. Io conosco bene Henry da quando ero ragazzino, come mio padre, lui rappresenta molto per me. Lo considero un po’ come uno zio“