Siamo negli anni successivi alla grande Inter di Helenio Herrera, quella squadra capace di vincere per due edizioni consecutive l’allora Coppa dei Campioni entrando nell’Olimpo della storia del calcio. La stagione 1967-68 è quella che decreta la fine di un’epoca, un po' in tutti i sensi. Finisce la magia che ha pervaso società e giocatori e finisce anche la gestione targata Angelo Moratti. Nel 1968, infatti, Moratti senior cede l’Inter a Ivanoe Fraizzoli. In quel periodo storico ereditare una squadra che aveva abituato i propri tifosi a primeggiare sia in Italia che in Europa non era di certo facile, ma la storia che ne seguirà sarà comunque ricca di soddisfazioni per il nuovo presidente. Già nella stagione 1970/1971 arriva la gioia in Italia, l’undicesimo scudetto della storia nerazzurra, quello immediatamente successivo alla prima stella conquistata appena 5 anni prima.

La stagione 1970/1971 non parte bene

Quel campionato, però, non inizia nel migliore dei modi. Un derby, ovvero quello della quinta giornata, perso per 3 a 0 costa la panchina al tecnico nerazzurro Heriberto Herrera. Per dare un segnale deciso a tutto l’ambiente, il presidente Fraizzoli affida la panchina al tecnico della primavera Giovanni Invernizzi, e la scelta si rivela azzeccata. Sarà il punto di svolta dell’intera stagione dell’Inter, anche perché il neo tecnico fa una cosa tanto semplice quanto intelligente: rimette al centro del progetto i senatori, che erano stati in qualche modo messi da parte. Ma non si ferma qui. Assieme a capitan Mazzola e Facchetti stila una tabella di marcia verso lo scudetto, che i nerazzurri rispetteranno perfettamente, e adotta dei piccoli ma importanti cambiamenti dal punto di vista tattico, come quello di spostare Burgnich da terzino a libero e quello di promuovere il giovane Mauro Bellugi. Jair, la freccia nera della Grande Inter, viene reintegrato totalmente e si ricompongono le due fasce che hanno fatto la fortuna del Mago qualche anno prima. Da una parte Jair e dall’altra Facchetti, l’Inter torna a volare sugli esterni. Il terminale offensivo di questa squadra è un centravanti spietato come Roberto Boninsegna. Una sconfitta al San Paolo contro il Napoli primo in classifica, nella sua seconda panchina con la prima squadra, sarà l’unica e ultima sconfitta stagionale di quell’Inter di “Robiolina”, come veniva soprannominato il tecnico nerazzurro. Da quel momento in avanti inizia una vera e propria rincorsa pazzesca contro i partenopei e i cugini rossoneri. Quella che sembrava essere una corsa a due, infatti, si trasforma clamorosamente in una cavalcata incredibile dei nerazzurri che rispettano pienamente quella tabella di marcia fatta all’arrivo del nuovo tecnico e aspettano il momento migliore per colpire.

Il momento dell'aggancio e del sorpasso

Quel momento arriva alla ventesima giornata, quando i nerazzurri devono affrontare i cugini nel derby di ritorno. In classifica i rossoneri sono primi con 30 punti, mentre Napoli e Inter inseguono a quota 27. Il Napoli viene fermato dalla Juventus mentre l’Inter, grazie ad una punizione del solito Mario Corso e un colpo di testa di Mazzola, regola il Milan e si porta ad una sola lunghezza di distacco dalla vetta. Due giornate dopo l’Inter aggancia i rossoneri e parte la fuga con gli uomini di Invernizzi che inanellano punti su punti in una corsa che diventa inarrestabile.

La festa il 2 maggio 1971

Boninsegna Inter Scudetto 1971 Mancano ancora tre partite per decretare la fine del campionato, a San Siro arriva il Foggia e l’Inter ha 3 punti di vantaggio sui rossoneri impegnati a Bologna. Al minuto 8’ è però già festa nerazzurra con Boninsegna che, assistito da Facchetti, trafigge il portiere della squadra pugliese con una spettacolare rovesciata. Il 24° e ultimo centro di un campionato che incorona Bonimba assoluto re dei bomber. Nella ripresa, poi, l’Inter cala il poker con le reti di Jair, Facchetti e Mazzola. Nonostante l’entusiasmo, sembra ormai inevitabile dover rinviare di almeno 15 giorni la festa scudetto perché il Milan è ancora in vantaggio per 2 a 1 sul Bologna. Alcuni tifosi, soddisfatti ma con un pizzico di amaro in bocca, cominciano a recarsi verso l’uscita. Al 76’, però, cambia il risultato a Bologna: 2 a 2 con un autogol di Rosato. Due minuti più tardi l’apoteosi: Savoldi va in gol e porta il risultato sul 3 a 2 per gli emiliani. Il Milan perde il match e sugli spalti scoppia il finimondo. Nel giorno del suo 55° compleanno, il presidente Fraizzoli festeggia anche il suo primo scudetto da patron nerazzurro. La gente piange dalla gioia e tutto il popolo interista comincia a festeggiare lo scudetto numero 11 della sua storia, forse il più bello e meritato ma sicuramente quello più sorprendente e voluto. È lo scudetto della vecchia guardia, l’ultimo titolo in assoluto per i veterani reduci dalla Grande Inter, l’unico in nerazzurro per Boninsegna.
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