Negli scorsi giorni si è tornati ad accostare con una certa insistenza il nome di Mauro Icardi all’Inter. Per il tifoso interista non può essere vissuto come un semplice rumor di calciomercato: affrontare il tema significa riaprire vecchie ferite, forse non ancora rimarginate del tutto. L’ex capitano era il giocatore più amato in quegli anni grigi post-Triplete, in cui la partecipazione alla Champions League pareva un miraggio più che mai lontano. Era l’unico punto fermo da una stagione fallimentare all’altra. In quel periodo l’unica certezza era che sarebbe stato lui l’uomo della rinascita dei nerazzurri e che, con la fascia di capitano al braccio, avrebbe guidato la squadra verso il ritorno alla vittoria. Tutte le speranze si sono frantumate in mille pezzi quel 13 febbraio 2019, quando, con un freddo tweet, la società annunciò il passaggio della fascia di capitano dal braccio di Icardi a quello di Samir Handanovic. Il rapporto con i tifosi finì per incrinarsi completamente nei 53 giorni seguenti. In quell’arco di tempo l’argentino si rifiutò di scendere in campo con la maglia che fino ad allora aveva difeso con orgoglio e senso di appartenenza, di fatto elevando se stesso al di sopra dell’Inter. I supporters nerazzurri, sentendosi traditi dall’uomo in cui avevano riposto tutte le loro speranze, finirono per convertire tutto l’amore con cui fino ad allora l’avevano coccolato in un profondo e viscerale odio. Il comportamento dei tifosi interisti è spiegabile anche attraverso delle evidenze scientifiche. È stato infatti dimostrato che i sentimenti di odio e amore, seppur contrastanti e opposti tra loro, vengono sviluppati nelle stesse aree del cervello. Inoltre Icardi non solo è stato un giocatore "simbolico" per l'Inter, ma ha anche ricoperto un ruolo saturo di responsabilità e fascino, quello dell'attaccante. Ogni tifoso, quando inizia a tifare una squadra, finisce per innamorarsi perdutamente di colui che ha il compito di segnare. Il goal, nello sport del calcio, rappresenta il passo più concreto verso la vittoria e la più grande emozione che si possa vivere in un campo da gioco. Risulta quindi naturale che siano i centravanti quei giocatori in grado di stuzzicare maggiormente le fantasie degli appassionati. Quando il rapporto tra un giocatore e la propria squadra finisce (ma non solo), i sentimenti sono sempre contrastanti tra loro. La fine di una storia d'amore lascia sempre degli strascichi. Rimane quel senso di vuoto da colmare in qualche modo. Spesso la soluzione è riempirlo con l'avversione. Ciò è quello che succede tra tifosi e calciatori e Icardi non è stato l'unico centravanti prima amato e poi odiato dai tifosi interisti. Infatti, specialmente nel nuovo millennio, a molti grandi centravanti della Beneamata è stato riservato il medesimo trattamento. Ecco a chi:

Ronaldo

Ronaldo Luis Nazario de Lima sbarcò a Milano nel 1997, all'età di 21 anni. Arrivato dal Barcellona con la nomea di giocatore più forte del mondo, fu acquistato da Moratti per riportare l'Inter ai vertici del calcio europeo e mondiale. Il trasferimento divenne il più oneroso della storia fino a quel momento, a fronte di un corrispettivo di 48 miliardi di lire. La notizia mandò in visibilio i tifosi nerazzurri, che accorsero in numerosissimi sotto alla sede il giorno della firma. Rimarrà per sempre iconica la scena del brasiliano affacciato dal balcone in via Durini mentre sventola la maglia nerazzurra. La prima stagione di Ronaldo fu un successo. Tra goal e giocate da urlo, si assicurò il Pallone d'Oro dell'anno 1997 e assieme alla squadra vinse la Coppa UEFA nella finale di Parigi contro la Lazio per 3-0. Nella memoria dei tifosi è indelebile il goal del brasiliano che, con una serie incredibile di doppi passi, saltò Marchegiani, depositando in rete. L'inizio della fine dell'allora giocatore più forte al mondo iniziò nella stagione 1999/2000. Nel mese di novembre ci fu il primo grave infortunio al ginocchio: lesione al tendine rotuleo e sei mesi di stop. Il Fenomeno tornò in campo in occasione della finale di Coppa Italia contro la Lazio, ad aprile. L'ingresso di Ronaldo sembrò la fine di una brutta parentesi per tifosi, squadra e per il calciatore stesso. In realtà l'incubo doveva ancora cominciare. Dopo soli sei minuti in campo, nel tentativo di fare una delle sue classiche sgroppate palla al piede, il ginocchio fece crack di nuovo: stavolta la rottura del tendine rotuleo fu totale. Ne seguì un periodo difficilissimo, per tutti. I tifosi ebbero la pazienza di aspettare e di coccolare il proprio fuoriclasse, in cui riponevano sogni e speranze. L'epilogo della storia tra Ronaldo e l'Inter fu il più triste possibile: l'ultima partita giocata con la maglia nerazzurro addosso sarà quella del famigerato 5 maggio 2002 contro la Lazio, giorno in cui la squadra perse uno Scudetto già vinto in favore dei rivali di sempre della Juventus. Quella stessa estate si consumò il divorzio tra l'attaccante e l'Inter. Ronaldo non riuscì mai ad instaurare un rapporto umano con Hector Cuper, al tempo allenatore dei nerazzurri. Il brasiliano, l'ultimo giorno di mercato, mise il presidente Moratti davanti a una scelta: "O mandi via Cuper o mandi via me". Il presidente, dopo averlo amato e aspettato come non si farebbe neanche per un figlio, optò per la seconda opzione. Ronaldo fuggì nella notte dell'ultimo giorno di calciomercato, senza salutare nessuno, verso Madrid, dove lo aspettava il Real. Nel 2007 la beffa finale: il trasferimento al Milan con tanto di goal nel derby e esultanza con mani nelle orecchie in faccia alla Curva Nord.

Christian Vieri

Christian Vieri fu acquistato da Moratti per la cifra record di 90 miliardi di lire nel giugno del 1999 dalla Lazio. Il sogno del presidente nerazzurro era quello di andare a comporre la coppia di attaccanti più forte della storia del calcio. Bobo, infatti, sarebbe stato affiancato proprio da Ronaldo. Quanto auspicato non si realizzò quasi mai: i due giocarono assieme solo 11 partite (di cui solo 2 per 90') nell'arco di tre stagioni per via dei problemi fisici dell'uno e dell'altro. Nonostante la scarsa fortuna della coppia, Bobo nelle sue sei stagioni in nerazzurro fu trascinatore assoluto. Mise a segno ben 123 goal in 190 presenze totali. Sul campo diede tutto e forse anche qualcosa in più, come da lui stesso dichiarato. In numerose partite giocò solo grazie alle infiltrazioni, il tutto per onorare la causa nerazzurra. L'unico rimpianto della sua avventura all'Inter è stato quello di non essere mai riuscito a portare lo Scudetto a Milano. Nel suo palmares nerazzurro è presente solo una Coppa Italia, vinta durante la sua ultima stagione. Nell'estate del 2005 si consumò l'addio all'Inter del bomber italiano. Vieri rescisse il contratto e si accasò ai rivali del Milan. I tifosi non perdonarono il gesto di Bobo. L'avventura dell'attaccante tra le fila dei rossoneri fu sfortunata e lasciò dopo soli sei mesi. Da quel momento la sua carriera visse un'involuzione che lo portò al ritiro. Le controversie con l'Inter tuttavia non si limitarono al terreno di gioco. Verso la fine degli anni 2000, citò Moratti e la Telecom in tribunale, vincendo, per via di intercettazioni fatte nei suoi confronti durante la sua avventura a Milano. Da qualche anno i rapporti tra Bobo e la società paiono essersi rasserenati, come dimostra l'inserimento del bomber nella Hall of Fame delle leggende della Beneamata.

Romelu Lukaku

Quello del belga è il tradimento più vicino nel tempo. Lukaku sbarcò a Milano nell'estate del 2019 per un totale di 75 milioni di euro tra parte fissa e bonus dal Manchester United. Inseguito fortemente dal neo allenatore Antonio Conte, arrivò con il difficile compito di rimpiazzare il traditore Mauro Icardi (fa piuttosto ridere, sapendo com'è finita). L'avventura con i Red Devils non era andata nel migliore dei modi, tanto che ai tempi fu visto dai tifosi un po' come uno dei tanti scarti provenienti dalla Premier League. L'ex allenatore della Juventus fece un lavoro straordinario sul belga, rendendolo un leader nell'atteggiamento e un'autentica macchina da goal. I primi due anni di Lukaku all'Inter furono caratterizzati da un profondo amore nei suoi confronti parte della piazza. Anche Big Rom non perdeva occasione di esternare il suo affetto nei confronti di Milano, della società e soprattutto dei tifosi. La prima esperienza del bomber all'Inter fu scandita da tanti momenti belli ma anche da alcuni bui. Due su tutti sono la finale di Europa League persa contro il Siviglia con un suo autogol e l'uscita dalla Champions contro lo Shakhtar Donetsk grazie a una sua "parata" sul colpo di testa di Sanchez che sarebbe valso il passaggio agli ottavi di finale della competizione. Nonostante ciò gli interisti non voltarono mai le spalle al belga, che li ripagò in parte con lo Scudetto del 2021. L'attaccante fu il trascinatore di quella squadra, tanto da meritarsi il premio di MVP della Serie A in quella stagione. Proprio nell'estate successiva al trionfo si consumò l'addio, che giunse in modo del tutto inaspettato. Dal giorno alla notte Lukaku diventò un giocatore del Chelsea. Partì senza dare spiegazioni e soprattutto senza salutare quei tifosi che lo avevano trattato come una vera e propria divinità. A prevalere furono la grande offerta economica e la voglia di rivalsa in Premier League, il campionato dove precedentemente aveva fallito. In Inghilterra il belga visse una stagione sfortunata, segnata dagli infortuni e dal rapporto conflittuale con l'allenatore dei Blues, Thomas Tuchel. Dopo pochi mesi Lukaku si rese conto dell'errore fatto e nel dicembre 2021, ai microfoni di Matteo Barzaghi, realizzò un'intervista di scuse indirizzata ai tifosi dell'Inter. Nell'estratto giurò amore eterno ai nerazzurri e si scusò per i modi con cui avvenne l'addio. Tra le altre cose promise che non avrebbe mai e poi mai fatto ritorno in Italia con le maglie di Milan o Juventus. Da quel giorno Lukaku posò il primo mattone per compiere il suo piano finale: tornare all'Inter. Per riuscire nei suoi intenti divorziò dal suo allora procuratore Pastorello, affidandosi all'avvocato personale Ledure. La trattativa fu complicatissima, ma la perseveranza del giocatore alla fine pagò: nel giugno 2022 tornò a Milano in prestito secco, con la promessa di ridiscutere l'estate successiva il trasferimento a titolo definitivo. I tifosi impiegarono poco tempo per perdonare il loro beniamino, che si era scusato e sembrava realmente pentito di quanto fatto un anno prima. La prima parte di stagione del ritorno di Lukaku in nerazzurro fu caratterizzata dagli infortuni, ma fu aspettato e rincuorato in diverse occasioni. Sul finale di stagione 2022/23 ricominciò a giocare con continuità in campionato, risultando decisivo con diversi goal e assist. Nonostante le prestazioni offerte le gerarchie per i big match erano ormai definite: i titolari erano Lautaro e Dzeko. Proprio l'argentino e il bosniaco cominciarono dal primo minuto la finale di Champions League contro il City dello scorso anno. Big Rom cominciò il match seduto in panchina e forse non ha ancora digerito quel dolore. Il belga entrò nel corso della ripresa con il compito di spaccare la partita con la sua fisicità. La prestazione dell'allora numero 90 dei nerazzurri fu drammatica: tra goal sbagliati e un salvataggio sulla linea su colpo di testa di Dimarco ("ancora" direte voi) l'Inter perse la finale. Nei giorni seguenti Lukaku ringraziò i tifosi su Instagram per la vicinanza alla squadra e sottolineò la voglia di provarci ancora l'anno successivo. Finita la stagione, Ausilio e Marotta si misero subito a lavoro col Chelsea per raggiungere un accordo per il trasferimento a titolo definitivo del belga all'Inter. Gli uomini di mercato dell'Inter riuscirono a trovare la quadra con i londinesi sulla cifra, ma quando sembrata fatto ci fu il colpo di teatro: Lukaku sparì. Ma come? Proprio lui, che si era già pentito una volta di aver lasciato i nerazzurri, era pronto a ripetere l'errore che aveva già commesso? Ma il peggio non era ancora finito. Sparì perché in quel momento si trovava in uno stato di trattativa avanzato con la Juventus. Già, proprio la stessa società che nell'intervista realizzata un anno prima a Sky aveva ripudiato con tutto se stesso. L'epilogo della storia è noto a tutti: alla fine non andrà ai bianconeri, ma dopo un'intera estate passata ad allenarsi da solo si accaserà alla Roma di Mourinho. Lo scorso 29 ottobre il belga è tornato per la prima volta da avversario a San Siro contro l'Inter. Oltre ad essersi beccato 90 minuti di fischi, la sua squadra ha perso per 1-0. Il goal decisivo è stato messo a segno proprio dall'uomo arrivato a Milano col compito di non farlo rimpiangere: Marcus Thuram. È stata la definitiva chiusura del cerchio. Chissà se Lukaku non si è pentito di come ha agito. Ancora una volta.

Difficile determinare il perchè

Le storie e le dinamiche sono state varie, ma tutte hanno un comune denominatore: il passare dall'essere veri e propri capipopolo a persone non meritevoli di alcun tipo di rispetto. Difficile stabilire perché. La mente umana è troppo complessa e nessuno è in grado di stabilirlo con precisione. Il tifo interista si è sempre distinto come uno dei più caldi al mondo, nel bene e nel male. Forse, non tutti sono pronti a ricevere una tale quantità di amore. Corrispondere un tale sentimento in uno sport in cui oltre alla vittoria esiste la sconfitta potrebbe essere frustrante. Magari, per scappare dalle pressioni, la fuga viene vista inconsciamente come una via di salvezza. Solo il tempo riesce a risanare certe ferite. L'unica grande certezza è che, sebbene con diversi trattamenti, tutti questi giocatori sono rimasti estremamente legati ai colori dell'Inter e ai suoi tifosi. E forse, infondo, è reciproco.
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Alessandro "Spillo" Altobelli