Il Decreto crescita è stato ufficialmente annullato, non ci sarà nessuna proroga e dal 2024 le società di calcio in Italia, non potranno più usufruire dei vantaggi fiscali di questo decreto. Questo ormai famoso decreto è entrato in vigore nel 2019. Diventato subito popolare e famoso per l'affare Cristiano Ronaldo, usato come massimo esempio dei vantaggi economici per le società di calcio italiane con l'avvento di questo di questo nuovo regolamento fiscale. Sostanzialmente un forte risparmio sugli ingaggi dei giocatori che provengono dall'estero, con una tassazione meno ingente rispetto a quella presente sugli altri stipendi. In questo modo non solo nel calcio, ma in generale in Italia, si sarebbe incentivato i ricchi stranieri ad investire e lavorare nel nostro paese. Dal giorno della sua approvazione, il decreto crescita si è legato indissolubilmente al mondo del calcio. In ogni sezione di mercato era menzionato e società come Milan, Juventus e Inter ne hanno approfittato per riscattarsi dai difficili momenti del post pandemia. Questo aveva un po' rivoluzionato il mercato, con le società che potevano permettersi giocatori di altissimo livello provenienti dall'estero. Per l'Inter, ad esempio, il bellissimo affare Marcus Thuram è stato possibile anche grazie al decreto crescita.

I pro e i contro di questa decisione

In prima fila per rimuovere questo decreto c'è sempre stata l'AIC. Il decreto crescita è da sempre visto come il nemico del calcio italiano e della crescita dei nostri giovani. Secondo alcuni, le società prediligevano un acquisto estero per gli sgravi fiscali, rispetto ad un giovane italiano del nostro campionato con la tassazione completa sul proprio stipendio. Una società come il Milan potrebbe anche aver dato adito a questo pensiero con una grandissima quantità di acquisti dall'estero, utilizzando moltissimo i vantaggi e i favori del decreto crescita, minimizzando così i giocatori italiani in rosa. Allo stesso tempo, Claudio Lotito ha sottolineato come questa decisione sia folle e inadeguata, "una grande fesseria", che limiterà e non poco la crescita del nostro campionato. Il presidente della Lazio con grande fermezza ha fatto notare come l'anno scorso il calcio italiano abbia brillato in Europa, secondo lui anche per merito del decreto crescita che ha permesso alle società di pagare meno tasse e di fare più programmazione. I difensori del decreto parlano poi di indotto derivato, evidenziando come anche a livello economico statale l'arrivo di un ricco straniero porta sempre moltissimi soldi al paese. Tutti rimangono fermi con la propria decisione, chi ha messo fine a questo decreto è convinto che era solo un favoritismo alle ricche società indebitate che non facevano altro che dare soldi a ricchi calciatori stranieri invece che ai " poveri" giocatori italiani provenineti dai settori giovanili, facendo così un danno alla nazionale.

Un autogol per il calcio italiano

Sembra sia sotto gli occhi di tutti che per il calcio italiano, inteso come una delle industrie più importanti del nostro paese, sia stato davvero importante e favorevole avere a disposizione negli ultimi anni il decreto crescita. Le società hanno detto e ripetuto più volte che l'annullamento di questo decreto sarà uno stop importante a tutto il sistema calcio italiano. Squadre ridimensionate, più costose a lungo termine, povere e più deboli. Una difficoltà in più per un calcio che già vive di stenti e cerca di sopravvivere, in una nazione dove fare uno stadio sembra impossibile, le società sono piene di debiti e la nostra nazionale non partecipa a due mondiali consecutivi. Un rallentamento a tutto il sistema che ha bisogno di più libertà di manovra e di strategia. Perché in fondo è tutta una catena di cause e conseguenze. L'Inter grazie al decreto crescita acquista Thuram e trova spazio salariale per Frattesi, affare forse impossibile in assenza di decreto, un giovane italiano, forte, che trova spazio in una big, paradossalmente e proprio grazie, al decreto crescita. Come sempre sembra che lo sguardo si sia limitato al banale, puntato sul nemico sbagliato, accusando un decreto "salva calcio", come la causa di tutti i mali del nostro campionato e non solo, addirittura del nostro paese. Una scelta che appare sbagliata e che complicherà e non poco il futuro di tutto il movimento calcio in Italia, rallentando così l'ennesima industria importante per il nostro paese, il nostro amato calcio.
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Alessandro "Spillo" Altobelli