barella intervista
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Cosa distingue chi arriva al successo da chi non ci riesce?
"Ho visto molte situazioni diverse. Alcuni, come i miei genitori, hanno fatto grandi sacrifici, altri non hanno potuto. Poi ci sono gli infortuni, le emozioni, la lontananza da casa. Ci sono tanti fattori, e serve una forza interiore per fare le scelte giuste. A volte l'arroganza può costarti caro".

Hai parlato del tuo legame con la Sardegna e Cagliari.
"La caratteristica più sarda è essere testardi e autentici. Io preferisco essere onesto e vero, anche a costo di sembrare antipatico. Negli anni ho cercato di limare alcuni aspetti del mio carattere, ma continuo a preferire la sincerità all'apparenza".

Quanto sei cambiato rispetto all'inizio della tua carriera?
"Sono cambiato molto. Prima mi piaceva discutere e creare tensioni, ma ho capito che non faceva bene né a me né a chi mi stava vicino. Stare con i miei figli mi ha insegnato a vedere le cose con più serenità, a dare il giusto peso al calcio e alle vere priorità della vita".

C'è ancora quel Nicolò di cui parlava lo striscione 'Sei bella come una protesta di Barella'?
"(Ride) Sono cresciuto, ora cerco di essere meno impulsivo. Non devo più dimostrare tutto ogni volta, posso anche aiutare la squadra senza necessariamente fare gol o assist. Mi godo molto di più quello che ho".

Come ti senti quando giochi una finale di Champions League?
"È difficile ricordarsi che il calcio è un gioco in quei momenti. L'adrenalina, l'atmosfera di San Siro, l'inno della Nazionale... diventano una sfida personale. Ai miei figli dico di vedere il calcio come un gioco, ma per noi giocatori è spesso molto di più".

Quanto ti interessa la consapevolezza di essere forte?
"Non mi importa che la gente dica che sono il più forte. Ciò che mi rende orgoglioso è quando un avversario dimostra rispetto per il mio gioco. I complimenti dei compagni sono belli, ma c'è l'amicizia di mezzo. È diverso quando un avversario chiede la tua maglia".

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