barella intervista
barella intervista

Il ricordo più bello di una partita?
"È difficile scegliere, ma ricordo la finale di Coppa Italia contro la Juve. Dopo il mio gol iniziale pensavo che fosse finita, ma quando ci hanno segnato due gol, ho visto la forza mentale dei miei compagni. È stata una partita indimenticabile".

San Siro è un posto speciale per te?
"Sì, ha un fascino unico. Anche chi viene da fuori lo sente. Ho giocato in tanti stadi, ma San Siro ha un'energia diversa".

Cosa significa la seconda stella per te, che sei interista fin da bambino?
"Ho sempre tifato Cagliari, ma l'Inter è entrata nel mio cuore. Quando ho avuto l'opportunità di vestire la maglia nerazzurra, non potevo dire di no. Milano mi ha accolto benissimo, e qui la mia famiglia sta benissimo".

Come ti ha accolto Milano?
"Milano mi ha accolto alla grande, sia come persona che come calciatore. La mia famiglia qui sta benissimo. Quello che rende questa città speciale è che offre di tutto senza essere dispersiva, una caratteristica davvero impagabile. Ho ricevuto stima persino dai tifosi del Milan."

È vero che i giovani stanno perdendo interesse per il calcio?
"Dal nostro punto di vista sembra diverso. Quando arriviamo a San Siro ci accolgono 50mila persone prima della partita e altre 10mila dopo, quindi viviamo un entusiasmo costante. Tuttavia, sono consapevole che il calcio è diventato molto più elitario: per seguire una partita serve sottoscrivere abbonamenti su abbonamenti, e andare allo stadio è diventato costoso, meno accessibile. Siamo fuori da queste dinamiche. Io stesso non guardo molto calcio in TV, e dopo l’eliminazione agli ottavi di Champions ero troppo amareggiato per seguire altre partite. Non c'è più quella passione ingenua da bambino, non riesco più a seguire l’intera giornata di Serie A. Mi appassiono di più ad altri sport come il ciclismo e il basket, al punto da svegliarmi la notte per vedere la NBA."

Sei ossessionato dall’ordine?
"Assolutamente sì! Anche in campo si nota: spesso suggerisco ai compagni come posizionarsi. Questa ossessione per l’ordine mi ha reso meno istintivo e mi aiuta a prevedere il gioco, specialmente dopo sei anni di 3-5-2. A casa, però, diventa un problema (ride), ma non posso farci nulla: è più forte di me."

Che rapporto avevi con Gigi Riva?
"Riva è stato il mio maestro, non solo come calciatore, ma per il modo in cui viveva la vita, regalando il suo cuore senza mai 'vendersi'. Amava mantenere la sua immagine riservata, ed è per questo che a Cagliari lo consideravano 'il più sardo dei sardi'. Questa autenticità ha plasmato anche il mio carattere. Un episodio che lo rappresenta bene è quando, dopo la vittoria dell’Italia nel Mondiale del 2006, scese dal pullman e lasciò che i giocatori festeggiassero, rimanendo in disparte. È un gesto che nessuno potrà mai comprare, e mi rivedo molto in lui in questo. Quando Riva è scomparso, ho preso una decisione che non tutti hanno capito: non sono andato al suo funerale. Non volevo essere lì davanti a tutti, sotto le telecamere, mentre lo portavano via. Ho preferito onorarlo in privato, portando un mazzo di fiori al cimitero con suo figlio. Una scelta personale, forse non condivisibile da tutti, ma rispecchia il mio desiderio di non apparire in pubblico. Le critiche che ho ricevuto, in particolare quelle che mi hanno definito 'piccolo uomo', mi hanno ferito profondamente."

Notizie correlate
Roma-Inter, probabili formazioni: Inzaghi ritrova Barella. Buchanan convocato?
Monte ingaggi Serie A: Inter in vetta, superata la Juventus