Nella notte di ieri, Lautaro e compagni hanno sollevato al cielo la coppa dello Scudetto, ma questo trofeo è principalmente di Simone Inzaghi.

In tre anni alla guida dei nerazzurri, Simone Inzaghi ha saputo superare le tempeste prima di rivedere il cielo sereno. Poco più di un anno fa la sua avventura all'Inter sembrava prossima alla conclusione. Lo scudetto "regalato" ai cugini l'anno precedente e la distanza siderale dal Napoli, poi vincitore del trofeo con largo anticipo, ne stavano tracciando la strada. E invece, proprio in quel momento di grossa difficoltà il tecnico piacentino si è stretto attorno al suo staff, a tutta la dirigenza e al gruppo squadra per trovare insieme la retta via. Un cambio di rotta che ha portato i nerazzurri, a fine stagione, a giocarsi persino la finale di Champions League in quel di Instanbul contro il Manchester City di Guardiola che, a causa di alcuni episodi controversi, ha visto uscire vittoriosi gli inglesi ma ha aumentato la consapevolezza nei propri mezzi di tutto l'ambiente interista. È il primo Scudetto per Simone Inzaghi, a 48 anni, che nella sua gestione da allenatore dell’Inter ha creato una squadra forte, entusiasmante, vincente ma, sopratutto, bella da vedere. Già, perchè l’Inter non ha solamente dominato il campionato, ma lo ha fatto giocando un calcio innovativo che, in Italia, non si vedeva da diverso tempo. I meriti di Inzaghi in questo Scudetto, che arriva tre anni dopo l’ultimo vinto sotto la guida di Antonio Conte nel 2021, sono molti. Il più importante, e anche quello meno scontato, è probabilmente quello di essere riuscito nell'intento di ricavare il massimo dai propri giocatori in campo. Tutti, a parte rarissime eccezioni, sono stati in grado di esprimersi al meglio e di dare il proprio contributo alla causa nerazzurra. Alcuni, come Lautaro Martínez, Nicolò Barella e Alessandro Bastoni, in questi anni con Inzaghi sono diventati calciatori di livello internazionale, tra i migliori d’Europa nei rispettivi ruoli, tanto da attivare l'interesse di club importanti con offerte che, al momento, sono state però rispedite al mittente. Altri come Acerbi, Darmian, Calhanoglu e Mkhitaryan, hanno giocato probabilmente la miglior stagione della loro carriera, e non era affatto scontato perché hanno tutti almeno 30 anni.

Ai nastri di partenza l'Inter era considerata la quarta forza

Le idee di gioco di Inzaghi hanno migliorato anche giocatori arrivati a un punto della carriera in cui non si pensava potessero progredire ulteriormente, e per alcuni di questi, come ad esempio per Calhanoglu, anche un cambio ruolo è stato fondamentale. Ai nastri di partenza la squadra nerazzurra era considerata la quarta forza del campionato dietro a Napoli, Milan e Juventus, ma man mano che le giornate passavano e l'Inter continuava a giocare e vincere, la vittoria dello Scudetto è sembrata quasi una formalità, un risultato naturale di quello che si vedeva sul terreno di gioco. Tutto questo è avvenuto nonostante in estate avessero lasciato l’Inter giocatori importanti come Edin Dzeko, Romelu Lukaku, Marcelo Brozovic, Milan Skriniar e André Onana, con la dirigenza che ha lavorato in maniera egregia per mettere a disposizione del tecnico calciatori consoni al suo sistema di gioco senza far uscire troppe risorse economiche.
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