Tra i lamenti e il silenzio dei rivali di sempre, l'Inter si gode la seconda stella: una vittoria condita dalle follie dei detrattori che non si danno pace. Il calcio può essere divisivo. Molto polemico, a volte. Forse alimenta troppo dei veleni che vanno troppo in là. In Italia, poi, il gioco del pallone è un affare pubblico - ed è diventato un caso a più riprese nel corso della sua storia. Il ventesimo Scudetto dell'Inter, che gli dà di diritto la seconda stella, ha portato a diversi umori. Sul versante nerazzurro, c'è un turbinio di emozioni che sono difficili da spiegare a parole - non si riescono a trovare nemmeno i termini giusti per raccontare la festa a cui abbiamo assistito domenica 28 aprile, con la parata dei nuovi campioni d'Italia da San Siro al Duomo. Dall'altro lato della barricata, tra gli avversari, l'aria che si respira è più pesante, sia tormentosa che silente - e tra i lamenti e i silenzi, riecheggiano anche questioni (per gli scontenti: ir-)risolte tempo addietro.

Il "cartone" può esser riciclato

Se si ha la possibilità, bisognerebbe andare a guardare buona parte della produzione mediatica - da parte dei tifosi (opinionisti, giornalisti e avvocati) rivali ai nerazzurri - a partire dal momento in cui si è capito che l'Inter potesse vincere il suo ventesimo Scudetto con conseguente seconda stella. Da quel momento in poi, sembra di imbattersi in un disco rotto che non si dà alcuna pace. "18+1 non fa 20" oppure "Dopo lo Scudetto anche la stella di cartone". Non aiuta di certo la risposta a tono - lo stesso delle due frasi citate prima - dell'ex-presidente dell'Inter, Massimo Moratti, che ha alimentato il fuoco nei rapporti "altamente infiammabili" tra compagine interista e rivali juventini e milanisti (però guai a rispondere al tweet sfacciato di Andrea Agnelli, ex-presidente della Juventus). Moratti è il "furbo", perché ha risposto al "18+1 non fa 20" con un "Senza tutto quello che sappiamo potevamo essere già a 25 scudetti". Con questa frase è praticamente ri-partita la crociata contro l'inchiesta di Calciopoli che ha visto la condanna esemplare contro la Juventus e l'assegnazione della vittoria del campionato 2005/2006 a favore dell'Inter di Moratti. Il cosiddetto "Scudetto di cartone". Ri-partita perché si era in realtà fermata, spegnendo i sogni dei rivali quando la stessa società bianconera ha ritirato il ricorso al Consiglio di Stato per la sentenza del Tar nel 2016, con la negazione del risarcimento per i fatti avvenuti nel 2006. Ma niente, la seconda stella nerazzurra è come una moneta, ha due lati: su uno si festeggia, sull'altro ci si tormenta. Ci si affanna a cercare - anzi, a dare risposte definitive, senza però saper porre delle vere domande (ad esempio, magari smettere di cercare la Marotta League sarebbe un buon punto di partenza). Ma a volte il tormento è così tanto che ciò che segue è quasi sempre il silenzio. Dall'altra sponda di Milano, il silenzio radio dopo il derby è stato assordante (un po' come la musica techno sparata a volume altissimo a San Siro per impedire i festeggiamenti prolungati allo stadio), per poi sfociare in un delirio impersonato dal tecnico rossonero. Stefano Pioli, nella conferenza che ha preceduto il match contro la Juventus, ha probabilmente dato il meglio di sé: "L’Inter è quattro anni che ha la squadra più forte del campionato e ha vinto solo due scudetti". Anche i tifosi rossoneri hanno esposto uno striscione contro lo "Scudetto di cartone" durante il derby di Milano, anzi la "Festa della stella di cartone". Classico sfottò, va accettato - il problema è quando ci si affanna tanto da non vivere bene le vittorie altrui. Ma alla fine questo "cartone" è stato riciclato, tra i lamenti degli avversari e le politiche editoriali anti-interiste, e reso una stella: la seconda, quella che vedrete (e vedremo) sulla maglia dell'Inter dalla prossima stagione.
Cos'è Jdentità bianconera: chi c'è dietro all'associazione che ha emesso un esposto contro l'Inter
Sommer, il segreto della difesa dell'Inter